Category Archives: Processo Minotauro

La Mafia in Canavese esiste

È di questi giorni la notizia riportata da alcuni giornali riguardo l’iniziativa da parte dell’ex sindaco Fabrizio Bertot, di tappezzare il comune di Rivarolo Canavese con 600 manifesti che riportano le seguenti affermazioni:

«Rivarolo non doveva essere commissariata. Per l’ex ministro Cancellieri è stato facile combattere la mafia… dove non c’è, non c’è stata e, per quel che mi riguarda, non ci sarà mai! Si chieda scusa a Rivarolo»

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In Canavese la mafia esiste, così come emerso chiaramente dalla sentenza del processo Minotauro. A Rivarolo, come nel resto del Canavese l’influenza mafiosa è ancora presente e continua a tessere i suoi interessi. Essere ciechi o mettersi i paraocchi non serve a nulla. Non è rinnegando la sua esistenza che possiamo combatterla. Non è utile alla comunità parlare di mafia riducendo questo problema a una questione di immagine del territorio. Così facendo si continuerebbe a offrire ai mafiosi l’opportunità di continuare indisturbati a compiere i propri traffici danneggiando la nostra economia.
Utile è invece cercare di individuare i punti di debolezza della mafia. In Canavese la mafia ha una chiara connotazione: ‘ndrangheta, ed è presente fin dagli anni ’70 per arrivare oggi ad essere radicata nel territorio.

 

 

La normativa sullo scioglimento delle amministrazioni locali per infiltrazione e condizionamento mafioso è un provvedimento che ha valenza preventiva. Non spetta a questa normativa individuare le responsabilità morali e soprattutto penali dei vari soggetti dell’amministrazione comunale coinvolti, per quello esiste la magistratura. Un comune, in ogni parte dell’Italia sia al nord come al sud, viene sciolto per mafia perché viene valutata la sua capacità di resistere alle pressioni dei gruppi mafiosi che operano in quel territorio. È la resistenza di quell’amministrazione nel suo complesso ad essere quindi valutata. Non è intenzione della normativa ledere l’immagine della comunità ma anzi è un suo strumento di autotutela.
A Rivarolo come nel resto del Canavese la ‘ndrangheta c’è, anche se non si presenta con coppola in testa e accento meridionale. Se nessuno è mafioso allora la mafia non esiste, invece in Canavese, e anche a Rivarolo, soggetti mafiosi esterni alla comunità sono riusciti a penetrare nella società e nella sua economia, e ci sono riusciti non per magia ma grazie al fatto di essere stati in grado di trarre beneficio da alcune relazioni con individui canavesani. L’opportunismo non è penalmente sanzionabile ma è una grave colpa sul piano politico e morale.

Il Procuratore Capo Giancarlo Caselli ha affermato a proposito del processo Minotauro che “La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi”.

Crediamo dunque sia importante l’intervento dello Stato per aver interrotto questi legami e di aver acceso in Canavese un faro che ha fatto luce sul radicamento della ‘ndrangheta in queste terre. Ci teniamo a sottolineare che comunque non tutto ciò che è accaduto negli anni può essere inserito in un processo e dunque non si può chiudere la questione “mafie in Canavese” solamente riferendosi a Minotauro. Sappiamo bene quanto la presenza delle organizzazioni criminali continui a opprimere l’economia del nostro territorio e di quanta strada ci sia ancora da percorrere per rendere il più chiaro possibile questo fenomeno ai cittadini, soprattutto per il modo subdolo con cui si manifesta.

Come Presidio territoriale di Libera dunque crediamo sia importante che tutte le forze politiche, che vogliano incidere efficacemente nella lotta contro la mafia, debbano avere un atteggiamento vigile e tenere alta la guardia. Chiunque sa parlare di mafia. Ma la differenza sta nel come se ne parla e se ne discute. È importante distinguere e problematizzare ma senza lasciare spazio a risposte e soluzioni semplicistiche.

Al fine di garantire a tutti la libertà da ogni condizionamento mafioso, come cittadini crediamo che il commissariamento non debba essere letto come un’imposizione dall’alto ma come un’opportunità per i cittadini di migliorare il proprio spirito civico al fine di curare meglio la cosa pubblica. Perché la lotta alla mafia non è imputabile solo allo Stato e ai suoi rappresentanti ma deve partire anche dal basso attraverso l’impegno di tutti i cittadini

QUI IL COMUNICATO DI LIBERA PIEMONTE

Elezioni europee, giustizia ed etica: considerazioni del Coordinamento di Libera di Ivrea e Canavese

Libera continua a sostenere l’ azione contro le organizzazioni mafiose anche
attraverso il contrasto alla corruzione e alle forme di collusione tra criminalità
organizzata e politica, come delineato nel progetto di “ Riparte il futuro
( www.riparteilfuturo.it). Questa piattaforma chiede ai candidati di rispettare
criteri stringenti di trasparenza, integrità e responsabilità per porre le basi
per sconfiggere la corruzione nel nostro Paese.
Libera si batte per mantenere viva l’attenzione e l’azione dei cittadini sul
tema della “zona grigia”, sugli atteggiamenti di tolleranza e di connivenza, se
non addirittura di intesa, tra criminalità organizzata e politica. Fenomeni
accuratamente delineati dai Magistrati che hanno condotto il processo
Minotauro, i cui esiti hanno in buona parte confermato quelle ipotesi di
funzionamento alterato del nostro sistema politico.
All’interno di questo quadro si collocano le considerazioni sulla candidatura di
Fabrizio Bertot alle ormai prossime elezioni europee. In quanto ex-Sindaco
alla guida del comune di Rivarolo sciolto per infiltrazione mafiosa, il cui
Segretario Comunale ha subito una condanna per capi di imputazione nell’area
specifica del voto di scambio, e in quanto lui stesso persona coinvolta in un
approfondimento di indagini ancora in corso, la sua candidatura da parte di
Forza Italia sollecita alcune osservazioni critiche.
Tale candidatura appare innanzitutto in forte contrasto con i valori di integrità
e senso di responsabilità personale rispetto ai risultati della propria azione
politica di amministratore pubblico che dovrebbe operare nell’interesse della
collettività. Come è possibile credere che Fabrizio Bertot, non abbia saputo
rilevare da primo cittadino la presenza di un substrato mafioso nella zona da
lui amministrata e soprattutto valutare chi erano le persone di sua fiducia
durante la sua campagna elettorale?
Attualmente il giudice di primo grado ha rinviato alla Procura gli atti relativi a
Fabrizio Bertot, chiedendo un supplemento di approfondimento, dal momento
che, come si legge nelle motivazioni: “ […] sentito come teste in dibattimento ha
reso dichiarazioni non veritiere […] ”. Più precisamente, pochi giorni fa è
cominciata presso il Tribunale di Ivrea la causa promossa dal Ministero
dell’Interno per l’incandidabilità dell’ex sindaco di Rivarolo. L’incandidabilità
è una conseguenza amministrativa dello scioglimento del Consiglio Comunale
per infiltrazioni mafiose. A stabilirlo per legge e’ l’art. 143, commi 4-11 del TUEL
( testo unico degli enti locali). La legge infatti prevede che il Sindaco di un
Comune sciolto per infiltrazioni mafiose non possa partecipare al turno
successivo delle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si
svolgono nella Regione nel cui territorio si trova l’Ente interessato dallo scioglimento. La norma non prevede nell’elenco le elezioni europee, così come
non blocca l’accesso alle elezioni nazionali. Un’assenza irragionevole, in
quanto è noto che le dimensioni dell’agire della criminalità organizzata di tipo
mafioso non sono mai circoscritte e che quindi non si tratta di mettere sotto
controllo la partecipazione politica a livello locale, ma di incidere su una prassi
che tende ad essere invasiva di tutti i livelli del potere politico-economico su
largo raggio.

Il Coordinamento di Libera di Ivrea e Canavese condivide la necessità di
intervenire per precisare a livello legislativo la non candidabilità ad ogni
tipo di elezione amministrativa e politica di chi e’ coinvolto in rapporti con
la criminalità organizzata e sollecita le forze politiche locali, le
Associazioni e i cittadini ad una riflessione attenta su questo problema.

Processo Minotauro : La procura richiede pene per 733 anni di reclusione. Una sola richiesta di assoluzione

Al termine della lunga requisitoria che ha visto impegnati, per diversi giorni i PM della Procura di Torino , oggi pomeriggio , sono state effettuate le richieste di pena per gli imputati del Processo Minotauro che hanno chiesto di essere giudicati con rito ordinario.

In totale sono state formulate 74 richieste di condanna per un totale di 733 anni ed una sola richiesta di assoluzione; tra gli imputati eccellenti 7 anni sono stati richiesti per Antonino Battaglia, ex segretario del comune di Rivarolo Canavese e 10 anni per Nevio Coral, ex sindaco di Leinì. L’ unica richiesta di assoluzione è per l’ imputato Sabato Davide.

Queste, nel dettaglio, le richieste dei PM di Torino :

Agostino Nicodemo, 13 anni;
Agresta Domenico, 10 anni;
Arena Cosimo, 18 anni;
Argirò Vincenzo, 22 anni;
Barbera Roberto, 4 anni;
Bartesaghi Vittorio, 2 anni e 3 mesi e 2000 euro di multa;
Battaglia Antonino, 7 anni;
Berardi Achille, 10 anni;
Camarda Giuseppe, 11 anni;
Carpentieri Maurizio, 7 anni e 4000 euro di multa;
Carrozza Antonio, 11 anni e 6 mesi;
Catalano Cosimo (1974),11 anni;
Cataldo Vincenzo, 4 anni e 2000 euro multa
Certomà Antonio Rocco, 7 anni e 3000 euro di multa;
Ciano Vincenzo, 11 anni;
Colosimo Monica, 1 anno e 6 mesi;
Commisso Vincenzo, 11 anni;
Coral Nevio, 10 anni;
Cortese Gaetano, 9 anni e 5 mesi;
D’Agostino Rocco, 9 anni;
De Marte Saverio, 3 anni;
Demasi Salvatore, 20 anni;
Direda Francesco, 4 anni e 20.000 euro di multa;
Fazari Giuseppe, 1 anno;
Fazari Vincenzo Antonio, 11 anni;
Femia Vincenzo, 8 anni e 40.000 euro di multa;
Giglio Angelo, 11 anni
Gigliotti Luiginia, 7 anni e 2 mesi e 4500 euro di multa;
Guarneri Domenico, 15 anni sei mesi;
Idotta Giuseppe, 12 anni;
Ientile Nicodemo, 11 anni;
Ierardi Vincenzo, 9 anni;
Iervasi Nicola, 15 anni e 6 mesi;
Lastella Massimiliano, 7 anni;
Liporace Cotroneo Giorgio, 3 anni;
Lo Surdo Franco, 6 anni e 2 mesi e 5000 euro di multa;
Lo Sudo Maria, 3 anni e 6 mesi;
Macrì Giovanni, 7 anni;
Macrina Nicola, 21 anni;
Mastromatteo Giuseppe, 1 anno e 4 mesi con 4000 euro di multa;
Mangone Domenico, 9 anni e 45.000 euro;
Mangone Giuseppe, 18 anni e 70.000 euro di multa;
Marando Antonio, 10 anni;
Marando Rosario, 15 anni;
Modafferi Stefano, 12 anni;
Napoli Francesco, 16 anni;
Napoli Gaetano, 15 anni;
Napoli Girolamo, 15 anni;
Napoli Rocco Antonio, 8 anni e 36.000 euro di multa;
Napoli Rocco, 9 anni;
Napoli Saverio, 15 anni;
Nigro Aldo, 11 anni
Nirta Giuseppe, 15 anni;
Occhiuto Antonino, 16 anni;
Pagliuso Antonio, 10 anni e 50.000 euro di multa;
Pancari Marcello, 10 anni e 12.000 euro di multa;
Papalia antonio, 9 anni;
Pietra Fabio, 1 anno e 6 mesi;
Pollifroni Vito, 11 anni;
Portolesi Domenico, 14 anni;
Praticò Benvenuto, 20 anni e 80.000 euro di multa;
Ragusa Mattia, 4 anni;
Raschillà Bruno, 15 anni;
Raso Stella, 3 anni e 9 mesi e 3500 euro di multa
Romano Antonio, 15 anni;
Romeo Natale, 14 anni;
Spagnolo Paolino, 2 anni e 4 mesi;
Troiano Massimo, 8 anni e 3000 euro di multa;
Trunfio Bruno, 13 anni;
Turrà Giovanni, 9 anni;
Ursino Francesco, 3 anni;
Vadalà Giovanni, 12 anni;
Versaci Antonino, 9 anni;
Zingarelli Marco, 1 anno e 4 mesi e 4000 euro di multa

Una nuova fattura complica la posizione di Fabrizio Bertot …

 

L’ultima udienza del processo Minotauro tenutasi il 28 di Maggio presso l’ Aula Bunker Lorusso e Cotugno, ha visto i pubblici ministeri cercare di fare chiarezza su una fattura pagata dalla Stamet s.p.a ( società che annovera tra i suoi soci l’ormai eurodeputato Fabrizio Bertot )  alla Fratelli Macrì srl, di cui fino al 2011 era amministratore unico quel Giovanni Macrì indagato, assieme, al segretario comunale di Rivarolo Canavese per voto di scambio e modalità mafiosa, proprio durante la campagna elettorale per le elezioni europee dell’ ex sindaco di Rivarolo Canavese

Di seguito il resoconto della parte di udienza in cui i tre testi interessati sono stati ascoltati sulla vicenda.

Il primo teste ad essere interrogato dal pm Giuseppe Riccabono è stato il Maresciallo Capo Scalia Massimiliano della Guardia di Finanza di Torino, colui che ha avuto, per primo, la possibilità di esaminare la fattura in discussione.  Tale  fattura è stata emessa il 30 maggio del 2009 per un imponibile di 29.051 relativamente ad una prestazione di manutenzione straordinaria presso la sede della Stamet s.p.a .

Il pubblico ministero si sofferma sui timbri del pagamento: sono due, apposti dalla contabilità della Stamet s.p.a, in un arco temporale minimo; il primo risulta infatti applicato il 30 maggio e il successivo il 31. Il maresciallo Scalia, sollecitato da una domanda dell’accusa, aggiunge come sia inusuale la doppia timbratura, in quanto, normalmente, se ne appone una singola alla fine del mese in corso. 

La fattura è stata “bonificata” per un importo lordo di 31 mila euro (IVA inclusa). Il suddetto bonifico è stato accreditato  sul conto della Famiglia Macrì s.r.l  l’8 giugno del 2009, a soli 9 giorni dall’ emissione della relativa fattura.

L’ Importo della fattura al netto dell’IVA risulta essere di 29mila euro. Una volta detratte le altre imposte relative, la cifra netta ricevuta dall’ azienda di Giovanni Macrì risulta essere di 19.929,28 euro.

Giunti a queste conclusioni il pubblico ministero chiede al teste se la Stamet s.p.a  ha prodotto della documentazione relativa ai presunti  lavori che sarebbero stati pagati da quella fattura, ma il maresciallo nega, asserendo che la ditta non è stata in grado di produrre alcun documento. Risulta inoltre anomala la tempistica del pagamento. Infatti, continua il maresciallo Scalia, i pagamenti delle fatture avvengono normalmente con scadenze di 30/60/90 giorni. Infine due dati a margine sono la mancanza di altri rapporti di lavoro tra la Fratelli Macrì s.r.l . e la Stamet s.p.,a. e l’ accertamento fiscale in corso presso la stessa Stamet s.p.a. da parte dell’agenzia provinciale delle entrate.

Terminata l’ audizione del Maresciallo Macrì, viene invitato a presentarsi davanti al giudice il secondo teste della vicenda:  Marco Cesaraccio, imprenditore ed amministratore delegato della Stamet s.p.a . Il signor Cesaraccio è socio Stamet da oltre 10 anni. Le quote societarie dell’ azienda  risultano  essere : Bertot Fabrizio  32,77% Bertot Sergio 5% Cesaraccio Marco 30%; il rimanente 10% è detenuto dalla stessa Stamet s.p.a.

Il pubblico ministero inizia l’ audizione chiedendo al teste se fosse in atto un accertamento fiscale presso la Stamet s.p.a.. L’imprenditore conferma, citando sia l’accertamento riguardo l’annata fiscale 2009 sia uno nuovo appena iniziato. La fattura in questione, è la 60/2009 e Cesaraccio in evidente contraddizione prima dichiara di non aver alcun ricordo di quella prestazione, in un secondo momento invece la definisce intervento straordinario tanto che il giudice deve richiamarlo affinchè dia risposte chiare e non contraddittorie; a questo punto viene chiesto al Cesaraccio chi oltre a lui avrebbe potuto disporre un intervento di quel genere. La risposta dell’ amministratore delegato della Stamet s.p.a. è : “può averlo solo disposto il mio co-amministratore e presidente della società che ha gli stessi identici miei poteri” alla domanda del P.M. “e si chiama ?” , il Cesaraccio risponde : “Bertot Fabrizio“.

Dopo un vivace dialogo tra il Presidente del Collegio dott.ssa Paola Trovati ed il teste relativo alla possibilità che il Bertot avesse potuto , nel passato, dare corso ad altre operazioni di questo tipo in prima persona, e sopratutto se ne ricordasse concretamente qualche esempio, il PM chiede ancora al Cesaraccio: “Oltre a lei e a Bertot Fabrizio c’è qualcun’altro in Stamet s.p.a. che potesse disporre quelle prestazioni e disporne i relativi pagamenti ?” , la risposta del teste è: “Disporre i pagamenti, no, assolutamente … o son stato io o è stato il Bertot

Terminata l’ audizione dell’ amministratore delegato della Stamet s.p.a. è ora iI turno del signor Mario Costa; attualmente pensionato è stato fino al 2012 responsabile della manutenzione all’ interno della stessa azienda. Il Costa, rispondendo a specifiche domande del P.M. dichiara di non ricordarsi di alcuna manutenzione effettuata dall’ azienda Fratelli Macrì s.r.l. e di non avere mai avuto rapporti con l’ azienda in questione.

A questo punto si conclude l’ audizione dei testi collegati a questa vicenda e l’ udienza prosegue con l’ ascolto di altri testimoni.

Non sappiamo quali siano le modificazioni che questa vicenda potrà portare alla posizione dell’ ex sindaco di Rivarolo Canavese ( che ha espresso, anche in questo caso,  l’ ormai consueto “no comment” )  , ma alla luce di quanto emerso in questi giorni ci sentiamo di ribadire quanto fosse lecito l’ appello, inascoltato, rivolto all’ ormai eurodeputato di non accettare, per una questione di opportunità politica, quella poltrona a Bruxelles almeno fino ad un definitivo chiarimento circa la completà estraneità della sua persona dai fatti legati all’ operazione Minotauro .

 

CLAMOROSO : Il comune di Leinì ammesso come parte civile al Processo Minotauro

 

I giudici del Processo Minotauro hanno deciso di accogliere la nuova richiesta di costituzione di Parte Civile presentata dal comune di Leinì, la precedente richiesta era stata respinta durante le prime udienze del processo per un vizio di forma.

La svolta è avvenuta allorchè l’avvocato Calosso, legale del Comune di Volpiano , nel rinnovare la costituzione di parte civile di Volpiano ( a seguito della variazione delle imputazioni notificate  all’ ex sindaco Nevio Coral )  ha presentato richiesta di costituzione di parte civile anche per il comune di Leinì.

Partendo proprio, dalla modifica dei capi di imputazione , l’ avvocato Calosso ha impostato la propria richiesta motivandola con il fatto che : se vengono modificate delle imputazioni, è possibile che, a fronte di queste, si possano presentare nuove parti offese, anche a dibattimento in corso.

Il presupposto giuridico è stato appoggiato dal procuratore presente in aula e contestato dall’ avvocato di Nevio Coral per il fatto che nel nuovo capo di imputazione non vi erano addebiti nuovi ma vi era solo una maggiore specificazione di quelli già contestati.

Al termine di una breve interruzione per permettere ai giudici di riunirsi in camera di consiglio, la richiesta del Comune di Leinì è stata accolta e , quindi, da oggi il comune canavesano, attraverso i propri legali, diventa parte attiva nel dibattimento processuale.

Ottava Udienza – Il Pentito che non c’è …

Inatteso colpo di scena durante la ottava udienza del Processo Minotauro. Alle 10,35 il giudice Paola Trovati , al rientro da una lunga Camera di Consiglio , comunica che è arrivato un fonogramma, attraverso il quale il Pentito Rocco Marando fa sapere  di non aver alcuna  intenzione di venire a testimoniare in aula in quanto ha in atto un “contenzioso economico”.

Tra lo sbigottimento generale, i giudici, affermando che è impossibile reperire il Maresciallo Messina per le controdeduzioni della difesa, rinvia il Processo all’ udienza dell’ 8 di Gennaio alle ore 9,15

Settima Udienza : Testimonianza del Maresciallo Giuseppe Messina – nucleo investigativo Carabinieri di Torino

Protagonista principale della Settima Udienza del Processo Minotauro , che è si è tenuta Lunedì 17 dicembre nell’aula bunker del carcere Lo Russo – Cotugno, è stato il Maresciallo Giuseppe Messina, facente parte del Reparto Operativo-nucleo investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Torino, tra i firmatari del l’informativa in cui è spiegata la struttura della ‘ndrangheta torinese, e da cui sono state creati i presupposti per l’ intera operazione Minotauro.

Concluse le operazioni preliminari, i giudici passano la parola al Pubblico Ministero che chiama al tavolo dei testi il  Maresciallo Giuseppe Messina.

La testimonianza del maresciallo, a differenza delle precedenti udienze, si avvarrà di mezzi audio-visivi per meglio esplicitare l’oggetto del suo intervento. In sala sono presenti diversi schermi dai quali sarà possibile osservare immagini, documentii e slide utili a motivare come, attraverso l’osservazione, l’ascolto e l’analisi successiva delle intercettazioni, si sia potuto risalire alla effettiva e strutturata presenza sul territorio delle locali più volte citate. In particolare, nella giornata di oggi si evidenzierà l’esistenza e l’operatività delle locali di Moncalieri, Chivasso e Siderno.

La prima domanda del PM è “Come è stato possibile definire la presenza di una locale a Moncalieri?”.

Il Maresciallo Messina sottolinea come in un primo momento sia stata determinante la collaborazione di Varacalli, in seguito alla quale sono state disposte le osservazioni e le intercettazioni. E’ in particolare nell’intercettazione di un colloquio tra Napoli Girolamo e Iaria Bruno che, parlando della locale di Moncalieri come esistente, ne elencano la formazione. In altre intercettazioni avvengono gli stessi riscontri. A ciò si aggiunge il lungo elenco delle relazioni di parentela all’interno della locale di Gioiosa per spiegare  la relazione tra GIORGIO FRANCESCO, capo della locale, e Gioiosa.

Sollecitato dall’avv. Della difesa Albanese, il maresciallo sottolinea come la locale si sia formata in seguito alla scissione della locale unica di Torino, alla fine degli anni ’80, ma non sa indicare con esattezza quando.

Vengono mostrate documentazioni fotografiche di funerali, incontri, riunioni per conferimento di doti che mostrano le relazioni fra le persone: il Maresciallo evidenzia in ogni immagine come in queste occasioni si formino dei gruppi, sempre delle stesse persone, che si appartano e parlano fra loro.

La Presidente domanda se si andava al funerale di persone originarie dello stesso paese, cioè se andavano al funerale di una persona solo perchè era dello stesso paese. Il Maresciallo dà risposta negativa.

Viene poi raccontato che durante una perquisizione a casa di Idotta viene trovato un libro denominato “il codice della ‘ndrangheta”. Tale libro non è reperibile tramite normali canali, cioè non è in vendita né ordinabile in libreria: va evidentemente ordinato presso le edizioni (Parallelo 38). All’interno del libro vengono rinvenuti dei fogli di appunti con la spiegazione su come si forma e di scioglie una SANTA (il gruppo di santisti che si riuniscono per fare una riunione): tale testo non è una copiatura del libro e neppure una sintesi. Riprende i concetti del libro, ma usa altre parole. Durente la medesima perquisizione vengono rinvenuti altri libri (questi invece sono normalmente reperibili in libreria): La Massoneria/Una storia massonica/Fratelli di sangue/Mafia export/’ndrangheta …
Viene individuata anche una rubrica telefonica con l’indicazione Moncalieri + un numero telefonico, che corrisponde a quello del Bar Smile, la cui titolare è la moglie di Ursino.

Come durante altre udienze alcuni avvocati della difesa hanno contestato a più riprese il fatto che il Maresciallo non si limiti a riferire i dati (numero dell’intercettazione, data e oggetto, protagonisti) ma si dilunghi sulle deduzioni degli investigatori. La Presidente, evidentemente seccata, ribadisce che le contestazioni sono le medesime opposte le volta precedenti e già discusse e risolte: le intercettazioni sono fonte di prova.

La disamina sulla locale di Moncalieri si conclude con queste parole del M.llo: “Moncalieri è una locale attivo che non ha mai cessato la sua attività, neanche per periodi. Capo era Daniele Rocco”.

Pubblico Ministero: “Ci sono elementi che rilevano la presenza di una locale di Siderno a Torino?”
Maresciallo Messina: “Varacalli ha parlato del Bar Italia di Torino come base della locale di Siderno. Poi le intercettazioni confermano questa versione. La locale è comandata da Catalano Giuseppe.” Dopodichè ne elenca gli esponenti fornendo anche in questo caso diverse osservazioni e intercettazioni ambientali e telefoniche.

Di nuovo si possono apprezzare le immagini sugli schermi che mostrano un raggruppamento di diverse persone facenti parte di diversi locali davanti al Bar Italia; nelle immagini si possono facilmente individuare nel gruppo anche l’ex sindaco di Rivarolo Canavese Bertot e il Segretario Battaglia. La deduzione è che ci siano persone che accompagnano il candidato alle europee Bertot a conoscere esponenti di diverse locali dell’interland torinese: cioè in questa occasione Bertot sarebbe stato presentato agli esponenti delle locali per raggiungere un accordo su uno scambio di voti contro una dilazione di pagamento di un debito di € 20.000.

In merito alla locale di Chivasso, di nuovo vengono citate le intercettazioni e osservazioni che provano l’esistenza della locale. Anche in questo caso la maggior parte delle intercettazioni provengono dall’automobile di Bruno Iaria.

Gli avvocati della difesa intervengono nuovamente e la Presidente dovrà di nuovo puntualizzare. Esorta la difesa a cambiare tono ed essere più gentile, a non continuare a interrompere e prega il Testimone laddove vi sia il sospetto di parole in codice/criptate, di stare attento a non riferire come dati di fatto le deduzioni del nucleo investigativo, ma di riportare l’intercettazione così come è.

Durante l’esame della locale di Chivasso il maresciallo si sofferma su una lite avvenuta nel Bar Italia tra Vavalà e Catalano, il primo esponente della locale di Chivasso mentre il secondo è il già citato capo locale di Siderno a Torino. In questa lite, oltre i toni sopra le righe tra i partecipanti, si ha un collegamento con la locale “madre” di Siderno e soprattutto il collegamento diretto tra la locale di Chivasso e la Calabria. In una intercettazione infatti Commisso, capo locale a Siderno, comunica a Catalano di aver parlato con un tal Tassone e di aver sistemato la faccenda. Rocco Tassone era il referente di Chivasso a Reggio ed è stato condannato durante il processo Crimine di Reggio Calabria.

L’udienza è stata poi sospesa per la pausa pranzo.

Al rientro dalla pausa, il maresciallo Messina racconta del conferimento di una dote a due affiliati della “locale” di Cuorgnè. Anche in questo caso l’ informazione arriva attraverso una intercettazione ambientale nella macchina di Bruno Iaria, che annuncia che presto sarebbe stata assegnata la dote di “trequartino” a Pino Giuseppe.

Il rito, dice il maresciallo Messina, si svolge a Prascorsano il 9 di Gennaio 2009. All’ incontro partecipano e vengono identificati alcuni affiliati tra i quali  : Iaria Bruno, Camarda Nicodemo, Iaria Bruno, Fazari Giuseppe,  Lucà Rocco, Callà Giuseppe, Gioffré Giuseppe, Trunfio Bruno, Trunfio Pasquale, Romeo Natale, Arena Cosimo, Raghiele Rocco, , Lombardo Cosimo, Catalano Giuseppe, D’Onofrio Francesco, Crea Adolfo, Scali Rodolfo, Giorgio Francesco, Giorgio Domenico, Racco Domenico, Idotta Giuseppe, Modafferi Stefano ed una persona che gli inquirenti non sono riusciti ad identificare.

A questo punto il maresciallo descrive minuziosamente lo svolgimento del rito, al quale partecipa anche Giuseppe Catalano, che risulta essere il più alto in grado e quindi prende il posto al centro del tavolo.

Al termine della cena, il discorso abbinato al brindisi viene tenuto da Giuseppe Catalano ( reponsabile della locale di Siderno a Torino ) , affiancato subito dopo dai  saluti e dai ringraziamenti di Romeo Natale ( a capo della locale d San Giusto Canavese )

L’ importo della cena, che risulta essere stato di 50 euro viene pagato da, “Nico” e “Cosimo” i due protagonisti principali della serata.

Dopo la richiesta di ulteriori dettagli, il giudice interrompe l’ udienza rimandando le controdeduzioni della difesa all’ udienza del giorno dopo.