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La Mafia in Canavese esiste

È di questi giorni la notizia riportata da alcuni giornali riguardo l’iniziativa da parte dell’ex sindaco Fabrizio Bertot, di tappezzare il comune di Rivarolo Canavese con 600 manifesti che riportano le seguenti affermazioni:

«Rivarolo non doveva essere commissariata. Per l’ex ministro Cancellieri è stato facile combattere la mafia… dove non c’è, non c’è stata e, per quel che mi riguarda, non ci sarà mai! Si chieda scusa a Rivarolo»

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In Canavese la mafia esiste, così come emerso chiaramente dalla sentenza del processo Minotauro. A Rivarolo, come nel resto del Canavese l’influenza mafiosa è ancora presente e continua a tessere i suoi interessi. Essere ciechi o mettersi i paraocchi non serve a nulla. Non è rinnegando la sua esistenza che possiamo combatterla. Non è utile alla comunità parlare di mafia riducendo questo problema a una questione di immagine del territorio. Così facendo si continuerebbe a offrire ai mafiosi l’opportunità di continuare indisturbati a compiere i propri traffici danneggiando la nostra economia.
Utile è invece cercare di individuare i punti di debolezza della mafia. In Canavese la mafia ha una chiara connotazione: ‘ndrangheta, ed è presente fin dagli anni ’70 per arrivare oggi ad essere radicata nel territorio.

 

 

La normativa sullo scioglimento delle amministrazioni locali per infiltrazione e condizionamento mafioso è un provvedimento che ha valenza preventiva. Non spetta a questa normativa individuare le responsabilità morali e soprattutto penali dei vari soggetti dell’amministrazione comunale coinvolti, per quello esiste la magistratura. Un comune, in ogni parte dell’Italia sia al nord come al sud, viene sciolto per mafia perché viene valutata la sua capacità di resistere alle pressioni dei gruppi mafiosi che operano in quel territorio. È la resistenza di quell’amministrazione nel suo complesso ad essere quindi valutata. Non è intenzione della normativa ledere l’immagine della comunità ma anzi è un suo strumento di autotutela.
A Rivarolo come nel resto del Canavese la ‘ndrangheta c’è, anche se non si presenta con coppola in testa e accento meridionale. Se nessuno è mafioso allora la mafia non esiste, invece in Canavese, e anche a Rivarolo, soggetti mafiosi esterni alla comunità sono riusciti a penetrare nella società e nella sua economia, e ci sono riusciti non per magia ma grazie al fatto di essere stati in grado di trarre beneficio da alcune relazioni con individui canavesani. L’opportunismo non è penalmente sanzionabile ma è una grave colpa sul piano politico e morale.

Il Procuratore Capo Giancarlo Caselli ha affermato a proposito del processo Minotauro che “La mafia c’è perché c’è mercato per i suoi servizi”.

Crediamo dunque sia importante l’intervento dello Stato per aver interrotto questi legami e di aver acceso in Canavese un faro che ha fatto luce sul radicamento della ‘ndrangheta in queste terre. Ci teniamo a sottolineare che comunque non tutto ciò che è accaduto negli anni può essere inserito in un processo e dunque non si può chiudere la questione “mafie in Canavese” solamente riferendosi a Minotauro. Sappiamo bene quanto la presenza delle organizzazioni criminali continui a opprimere l’economia del nostro territorio e di quanta strada ci sia ancora da percorrere per rendere il più chiaro possibile questo fenomeno ai cittadini, soprattutto per il modo subdolo con cui si manifesta.

Come Presidio territoriale di Libera dunque crediamo sia importante che tutte le forze politiche, che vogliano incidere efficacemente nella lotta contro la mafia, debbano avere un atteggiamento vigile e tenere alta la guardia. Chiunque sa parlare di mafia. Ma la differenza sta nel come se ne parla e se ne discute. È importante distinguere e problematizzare ma senza lasciare spazio a risposte e soluzioni semplicistiche.

Al fine di garantire a tutti la libertà da ogni condizionamento mafioso, come cittadini crediamo che il commissariamento non debba essere letto come un’imposizione dall’alto ma come un’opportunità per i cittadini di migliorare il proprio spirito civico al fine di curare meglio la cosa pubblica. Perché la lotta alla mafia non è imputabile solo allo Stato e ai suoi rappresentanti ma deve partire anche dal basso attraverso l’impegno di tutti i cittadini

QUI IL COMUNICATO DI LIBERA PIEMONTE

Elezioni europee, giustizia ed etica: considerazioni del Coordinamento di Libera di Ivrea e Canavese

Libera continua a sostenere l’ azione contro le organizzazioni mafiose anche
attraverso il contrasto alla corruzione e alle forme di collusione tra criminalità
organizzata e politica, come delineato nel progetto di “ Riparte il futuro
( www.riparteilfuturo.it). Questa piattaforma chiede ai candidati di rispettare
criteri stringenti di trasparenza, integrità e responsabilità per porre le basi
per sconfiggere la corruzione nel nostro Paese.
Libera si batte per mantenere viva l’attenzione e l’azione dei cittadini sul
tema della “zona grigia”, sugli atteggiamenti di tolleranza e di connivenza, se
non addirittura di intesa, tra criminalità organizzata e politica. Fenomeni
accuratamente delineati dai Magistrati che hanno condotto il processo
Minotauro, i cui esiti hanno in buona parte confermato quelle ipotesi di
funzionamento alterato del nostro sistema politico.
All’interno di questo quadro si collocano le considerazioni sulla candidatura di
Fabrizio Bertot alle ormai prossime elezioni europee. In quanto ex-Sindaco
alla guida del comune di Rivarolo sciolto per infiltrazione mafiosa, il cui
Segretario Comunale ha subito una condanna per capi di imputazione nell’area
specifica del voto di scambio, e in quanto lui stesso persona coinvolta in un
approfondimento di indagini ancora in corso, la sua candidatura da parte di
Forza Italia sollecita alcune osservazioni critiche.
Tale candidatura appare innanzitutto in forte contrasto con i valori di integrità
e senso di responsabilità personale rispetto ai risultati della propria azione
politica di amministratore pubblico che dovrebbe operare nell’interesse della
collettività. Come è possibile credere che Fabrizio Bertot, non abbia saputo
rilevare da primo cittadino la presenza di un substrato mafioso nella zona da
lui amministrata e soprattutto valutare chi erano le persone di sua fiducia
durante la sua campagna elettorale?
Attualmente il giudice di primo grado ha rinviato alla Procura gli atti relativi a
Fabrizio Bertot, chiedendo un supplemento di approfondimento, dal momento
che, come si legge nelle motivazioni: “ […] sentito come teste in dibattimento ha
reso dichiarazioni non veritiere […] ”. Più precisamente, pochi giorni fa è
cominciata presso il Tribunale di Ivrea la causa promossa dal Ministero
dell’Interno per l’incandidabilità dell’ex sindaco di Rivarolo. L’incandidabilità
è una conseguenza amministrativa dello scioglimento del Consiglio Comunale
per infiltrazioni mafiose. A stabilirlo per legge e’ l’art. 143, commi 4-11 del TUEL
( testo unico degli enti locali). La legge infatti prevede che il Sindaco di un
Comune sciolto per infiltrazioni mafiose non possa partecipare al turno
successivo delle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si
svolgono nella Regione nel cui territorio si trova l’Ente interessato dallo scioglimento. La norma non prevede nell’elenco le elezioni europee, così come
non blocca l’accesso alle elezioni nazionali. Un’assenza irragionevole, in
quanto è noto che le dimensioni dell’agire della criminalità organizzata di tipo
mafioso non sono mai circoscritte e che quindi non si tratta di mettere sotto
controllo la partecipazione politica a livello locale, ma di incidere su una prassi
che tende ad essere invasiva di tutti i livelli del potere politico-economico su
largo raggio.

Il Coordinamento di Libera di Ivrea e Canavese condivide la necessità di
intervenire per precisare a livello legislativo la non candidabilità ad ogni
tipo di elezione amministrativa e politica di chi e’ coinvolto in rapporti con
la criminalità organizzata e sollecita le forze politiche locali, le
Associazioni e i cittadini ad una riflessione attenta su questo problema.