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UOMINI LIBERI IN LIBERA TERRA

 

Da qua su si gode una vista meravigliosa, si “guarda lontano, oltre”. La gioventù dei nostri tempi sembra  priva di punti di riferimento e le generazioni precedenti sembrano averli persi.

Allora, giunti a questo punto è necessario lasciare la frenesia della vita moderna e  recarsi su quel monte e riflettere, tornare a guardare agli altri. 

È da Alice Superiore che Don Luigi Ciotti (fondatore del gruppo Abele e di Libera), durante l’evento “Legalità, corruzione, povertà, quali proposte per il territorio”, promosso dall’associazione Mastropietro con Libera Piazza ed il patrocino dell’Unione di comuni montani Valchiusella e del Comune di Alice superiore , in una sala piena, ha invitato a trovare ognuno il proprio monte. Che certo, da quelle parti non mancano.

“Venendo qui-racconta- mi è venuta in mente la Genesi : “Dio ha creato l’uomo e la donna e li ha posti a coltivare ed ad allevare. La terra è stata affidata a noi, non ai malviventi!”.

Don Ciotti richiama la parola “noi”, pronome che ha messo in risalto anche dopo la condanna a morte da parte di Riina.

Il problema siamo noi cittadini, ma allo stesso tempo siamo la soluzione. “È il noi che vince”, prima di rivolgerci alle amministrazioni dobbiamo porre le domande a noi stessi. “Impariamo ad avere coraggio”, invitandoci a rompere la barriera di omertà che ancora cela gli occhi di troppi.

Don Luigi dichiara di non avere alcun titolo se non “una laurea in Scienze confuse”.  Parla di vita vissuta,  di esperienze che non si trovano sui libri.  È con questa autorità che insegna che è necessario distinguere per  non confondere. Ci ricorda che nel fascio non tutte le erbe sono uguali, che ci sono sì quelle nocive, ma sono ancora di più quelle sane. E poi racconta di Corleone e della sua gente, di un paese che nelle leggende popolari è simbolo di mafia ma ci tiene a precisare che “Corleonesi è il nome di un popolo non di un clan”.

Ci racconta di quando portò l’allora presidente della Repubblica  Italiana Oscar Luigi Scalfaro a Corleone nella XIV giornata in ricordo delle vittime di mafia e di come  lasciò le molte mani “amministrative” sospese in aria in attesa di quella  del Presidente che era impegnato a salutare la “gente”.

“Distinguere per non confondere…”, lo ripete più volte. Capire che ci sono delle differenze e che generalizzare non sempre è verità. “Non bisogna essere cittadini a intermittenza”, bisogna sempre essere attivi senza delegare a nessuno ciò che possiamo fare. Noi. Soggetto ed oggetto.

Parla di politica dichiarando la necessità di collaborare con essa “nella chiarezza dei ruoli”.

Si è liberi per nascita e bisogna impegnarsi per “liberare chi libero non è”.

Prima di tutto c’è la dignità, la dignità umana; poi c’è la responsabilità, che ha la sua etimologia nel rispondere. È responsabile chi risponde.

Tutto questo viene molto prima della legalità. Che poi non bisogna confondere legalità con giustizia, questa è un fine, la legalità è un mezzo per raggiungere la giustizia. Oggi il termine legalità è stato svalorizzato, svuotato di significato. Molti hanno optato per la legalità malleabile, che si adatta alle situazioni. Bisogna tornare al suo vero significato, è necessario educare alla legalità : necessaria per la formazione individuale e la costruzione del bene  comune.

Non c’è legalità senza uguaglianza.

La democrazia ci offre due grandi doni : dignità umana e legalità.

Ma senza una terza gamba non sta in piedi: la responsabilità.

La responsabilità non si insegna, la si testimonia.

Viviamo in una società malata di potere, ma il potere non è abuso, è responsabilità.

Bisogna essere realisti, il male esiste ma può essere sconfitto e per farlo bisogna conoscerlo,

bisogna parlarne. Bisogna educare, ed è per questo che bisogna partire dalle scuole.

Don Luigi ha la forza di muovere grandi emozioni non solo per le parole che pronuncia e per come le pronuncia, ma perché queste parole riflettono la totale coerenza di tutta la sua vita. 

È necessario che quel noi diventi contagioso. Un’epidemia di responsabilità, verso noi stessi e verso gli altri ricordando che ci sono scelte individuali che ricadono su molti altri. E allora la domanda non è “cosa possono fare gli altri” ma “cosa devo fare io”.

Un giorno saliremo su quel monte e guarderemo tutti nella stessa direzione, non  lontano…oltre.

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