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25 Settembre 1998 – Il percorso di speranza portato a Gioia Tauro da “Gigi, il medico gentile” viene barbaramente interrotto ….

Il 25 Settembre di 14 anni fa, alle 7,10, Luigi Ioculano, “il medico gentile” come lo definisce Francesco Forgione ( uomo politico e scrittore da sempre impegnato nella lotta alla Mafia ) nel suo ultimo libro “Porto Franco”, viene barbaramente ucciso al piano terra del palazzo in cui abitava, nel corridoio che portava dallo studio medico all’ascensore; il killer era proprio dietro la porta del corridoio, vicino all’ascensore, forse ad aspettarlo. Quattro colpi di pistola calibro 38: i primi due al torace, gli altri due alla testa

Fra le mani un sacchetto di fagiolini. Forse un falso dono, probabilmente per attirarlo fuori dal suo studio portato proprio da un contadino che lavorava a casa del Piromalli, il boss della piana di Gioia Tauro accusato di essere il mandante dell’ omicidio e poi prosciolto assieme al presunto esecutore materiale dell’ omicidio Rocco Pasqualone per insufficienza di prove, con una discussa sentenza della Corte d’ Assise d’ Appello, il 18 Giugno 2009 .

La sentenza verrà poi confermata il 31 Marzo 2010 con una decisione della Cassazione che rigetta il ricorso presentato dall’accusa e conferma l’assoluzione degli imputati.

L’ estensore del ricorso contro la sentenza d’ appello è stato un , allora, giovane Sostituto Procuratore della Procura di Palmi : Stefano Musolino che, dovendo studiare gli incartamenti del caso ha avuto  la possibilità di conoscere a fondo sia Luigi Ioculano che la sua famiglia.

Quest’ anno, per ricordare Luigi Ioculano, vogliamo usare proprio le parole di Stefano Musolino, giunteci attraverso un messaggio che il magistrato calabrese ci ha, gentilmente fatto pervenire , in occasione della presentazione ufficiale del nostro Presidio avvenuta il 5 Luglio di quest’ anno.

Ha scritto  il Sostituto Procuratore Stefano Musolino :

Provo sempre un senso di rabbia ed inadeguatezza quando mi si chiede di dire qualcosa a proposito del dott. Ioculano e del suo barbaro assassinio. E’ un sentimento che non nasce solo per via dell’esito assolutorio del processo che lo ha riguardato, ma soprattutto e assai di più, per l’assordante silenzio che continua a circondare la sua figura, il suo stile e tratto umano, la sua storia politica e sociale. Poteva diventare un modello il medico Ioculano; un vero modello, rappresentativo della migliore intelligenza e classe dirigente reggina; un modello di vita vissuta senza grandi eroismi, senza clamori, ma con l’ostinata, quotidiana, irrinunciabile rivendicazione della propria dignità e libertà personale. E come se stessimo sprecando il suo sacrificio, la sua voglia di non cedere all’arroganza della ndrangheta, di non abbassare mai la testa, di guardare dritto in faccia i suoi interlocutori e le cangianti e gattopardesche situazioni politiche che si dipanavano davanti al suo sguardo, troppo lucido ed intelligente per fare finta di non capire. Aveva la passione per la verità il dott. Ioculano e questo gli impediva di accettare i facili compromessi e le blandizie della vanità, con cui pure cercavano – da ogni parte – di indurlo a più miti consigli.

E’ bello e paradossale che lo ricordiate in Piemonte, intestandogli persino un presidio di “Libera”, mentre qui perniciosi interessi che si nutrono della nostra atavica pigrizia ed indolenza, hanno fatto di tutto perché fosse dimenticato, perché non potesse diventare un modello, uno dei punti di riferimento di cui abbiamo tanto bisogno. Ma forse un giorno riusciremo a cambiare questa stanca, provinciale dimensione culturale; ci prenderemo cura della memoria dei nostri martiri e ne faremo il punto di partenza per un futuro diverso, più aperto e libero. Scopriremo allora il sorriso e la passione di Luigi Ioculano, in arte medico, ma per vocazione e, quindi, per passione, politico e prima ancora uomo vero di questo nostro pezzo di terra.”

 Auguro alla manifestazione un grande successo, buon lavoro a tutti,

Stefano Musolino

Un ricordo di Don Pino Puglisi

Il 15 settembre 1993, il giorno del suo 56º compleanno, Don Pino Puglisi,  viene ucciso dalla mafia, davanti al portone di casa  intorno alle 20,45 nella zona est di Palermo, in piazza Anita Garibaldi.
Sulla base delle ricostruzioni, don Pino era a bordo della sua Fiat Uno di colore bianco e, sceso dall’automobile, si era avvicinato al portone della sua abitazione. Qualcuno l’ha chiamato, lui s’ è voltato mentre qualcun altro gli è scivolato alle spalle e gli ha esploso uno o più colpi alla nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa. I funerali si svolsero il 17 settembre 1993. Il 2 giugno qualcuno mura il portone del centro “Padre Nostro” con dei calcinacci, lasciandone gli attrezzi vicino alla porta.

Per ricordare il sacrificio di Don Pino, vi ripresentiamo le parole con cui Don Luigi Ciotti lo commemorava , un anno dopo il suo assassinio :

Don Luigi Ciotti: La parabola di don Pino

“Gesù percorreva quelle strade attento non soltanto a incontrare la folla che gli era attorno, ma anche chi, a causa della ressa,  non riusciva a vederlo: Zaccheo. Un Gesù che attraversa le strade del suo tempo è, probabilmente, il più bel ricordo di don Giuseppe  Puglisi ucciso a Palermo esattamente un anno fa, nel giorno del suo compleanno.  Lo hanno ucciso in “strada”. Dove viveva, dove incontrava i “piccoli”, gli adulti, gli anziani, quanti avevano bisogno di aiuto e  quanti,  con la propria condotta, si rendevano responsabili di illegalità, soprusi e violenze. Probabilmente per questo lo hanno ucciso:  perché un modo così radicale di abitare la “strada” e di esercitare il ministero del parroco è scomodo. Lo hanno ucciso nell’illusione di spegnere una presenza fatta di ascolto, di denuncia, di condivisione.  Ricordare quel momento significa non soltanto “celebrare”, ma prima di tutto alzare lo sguardo, far nostro l’impegno di don  Giuseppe,  raccogliere quell’eredità con la stessa determinazione, con identica passione e uguale umiltà. Cosa ci ha consegnato don Giuseppe? Innanzitutto il suo modo di intendere e di vivere la parrocchia, di essere parroco. Non ha pensato, infatti, la parrocchia unicamente come la “sua” comunità di fedeli, come comunità di credenti slegata dal contesto storico e geografico in cui è inserita. L’ha vissuta, prima di tutto, come territorio, cioè come persone chiamate a condividere uno spazio, dei tempi e dei luoghi di vita. Per partecipare alla vita di chi gli era vicino ha accettato di percorrere e ripercorrere le strade del rione Brancaccio. Ha vissuto la strada -quella strada che Gesù ha fatto sua- come luogo di povertà, di bisogni, di linguaggi, di relazioni e di domande in continua trasformazione. L’ha abitata così e ha tentato, a ogni costo, di restarvi fedele. In altre parole, ha incarnato pienamente la povertà, la fatica, la libertà e la gioia del vivere, come preti, in parrocchia. Con la sua testimonianza don Pino ci sprona a sostenere quanti vivono questa stessa realtà con impegno e silenzio. Non il silenzio di chi rinuncia a parlare e denunciare, ma quello di chi, per la scelta dello “stare” nel suo territorio, rifiuta le passerelle o gli inutili proclami. “Beati i perseguitati a causa della giustizia perché di essi è il Regno dei cieli” (Mt 5, 10).

Anche questo ci ha consegnato don Giuseppe: una grande passione per la giustizia, una direzione e un senso per il nostro  essere Chiesa e soprattutto un invito per le nostre parrocchie ad alzare lo sguardo, a dotarsi di strumenti adeguati e incisivi per perseguire quella giustizia e quella legalità che tutti, a parole, desideriamo. Per questo don Giuseppe è  morto:  perché con l’ostinata volontà del cercare giustizia è andato oltre i confini della sua stessa comunità di credenti. “Entrato in casa di uno dei capi dei farisei, Gesù…” (Lc 14, 1). Ecco un  altro aspetto ricco di significati. Al di là dei princìpi o delle roboanti dichiarazioni ciò che conta è la capacità di viverli e di praticarli nella quotidianità. Don Puglisi non è stato ucciso perché dal pulpito della sua chiesa annunciava princìpi astratti, ma perché ha voluto uscire dalla loro genericità per testimoniarli nella vita quotidiana, dove le relazioni e i problemi assumono la dimensione più vera.”

Per chi volesse ulteriormente approfondire l’ argomento, indichiamo questo link :  http://www.tanogabo.it/religione/Padre_Pino_Puglisi.htm

Sono trascorsi 30 anni dall' assassinio di Carlo Alberto Dalla Chiesa

Lunedi 3 Settembre ricorre il 30° anniversario dell’ agguato di via Isidoro Carini, a Palermo, in cui morirono il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa , la sua seconda moglie Emanuela Setti Carraro e l’ agente di scorta Domenico Russo.

Per ricordare il generale Dalla Chiesa e le altre due vittime della strage di via Isidoro Carini, abbiamo pubblicato la nostra Newsletter N. 5  che potrete consultare  cliccando qui oppure accedendo alla pagina “Chi siamo / Newsletter” del nostro sito e selezionando la scelta “Liberanews_5-In ricordo di Carlo Alberto Dalla Chiesa”.  Di seguito una anteprima della prima pagina della Newsletter..

 

Anno Sociale nuovo …. Sito Nuovo

Con l’ inizio del nuovo anno sociale di Libera Piemonte, il sito del Presidio “Luigi Ioculano” di Cuorgnè si veste di nuovo e comincia a  riempirsi di contenuti. Al momento, come vedrete, il sito è ancora in elaborazione e alcune delle sue pagine non sono  complete, ma abbiate pazienza e , nel giro di poco tempo, acquisirà la sua veste definitiva, con l’ obiettivo di divenire una  vetrina informativa sia per quanto riguarda le nostre attività che per quanto concerne, più in generale, la lotta alla mafia, alla corruzione e alla collusione con la criminalità organizzata.

Questo sito va ad aggiungersi alla nostra pagina Facebook :
https://www.facebook.com/LiberaPresidioDiCuorgne

e alla nostra casella di posta :

presidiolibera.cuorgne@gmail.com

Attraverso questi strumenti oltre a poter fornire informazioni a chi è interessato alle nostre attività, confidiamo di avere da voi suggerimenti, idee e contributi al fine di potere migliorare il nostro modo di operare sul territorio, cercando di coinvolgere il maggior numero di persone e di Forze Sociali perchè la nostra speranza è quella di arrivare, prima o poi ad una società come quella che Giovanni Falcone auspicava in una sua intervista  : ” Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere.”